Facciamo due chiacchiere coi travel blogger!
Oggi siamo in compagnia di Giorgia del blog La valigia di Pimpi. Tra vaniglia e zucchero filato, ci racconta di film e libri di viaggio, disavventure, l’amore per la cucina locale e di come il viaggio sia un puzzle!
1. Ciao Giorgia, e benvenuta su Touripp.it! Presentati brevemente ai nostri lettori.
Chi sono?
Vaniglia, zucchero filato e passaporto! Mi chiamo Giorgia e abito nel luogo in cui i cappelletti sono una filosofia di vita: nel cuore della Romagna.
Adoro tutto ciò che profuma di vaniglia e di zucchero filato.
Adoro respirare l’aria appena scendo dall’aereo, adoro camminare su strade sconosciute, adoro viaggiare con gli occhi e con la mente di chi lo fa con il cuore. Il viaggio è come un puzzle: un percorso che si costruisce day by day come i colori sulla tela di un pittore.
Adoro viaggiare perché, come dice Potts, è un’arte.
La mia passione per il musical e per le gonne a ruota? Bè.. quella è un’altra storia! Un’altra parte molto importante della mia vita!
2. Raccontaci dell’esatto momento in cui hai pensato: “apro un blog di viaggi”! Da quando hai La valigia di Pimpi, e cosa ti ha spinto in questo mondo?
Vi è mai capitato di voler fare una cosa da tempo? Volete tanto farla, ma la fretta e la quotidianità della vita spesso vi portano su altre strade e vi fanno rimandare tutto.
La Valigia di Pimpi è nata così: un progetto pensato a lungo e deciso durante un evento improvviso che mi ha fatto dire “ora è il momento giusto, lo faccio adesso o mai più”.
Spesso dalle cose negative possono nascere cose positive e così, ho trasformato il mio periodo di malattia in un momento in cui far nascere ciò che volevo tanto, da tanto. In questo modo sono entrata nel mondo del blogging e mi sono addentrata ancora di più nel mondo dei social, facendo della mia passione anche un lavoro.
Il viaggio è il “fil rouge” del mio Travel Blog che ha come unico obiettivo: la condivisione del mio allegro vagabondare!
3. Il tuo blog si chiama La valigia di Pimpi… ma chi è Pimpi?
Pimpi sono io.
Sono un po’ come quella Pimpi che tutti conosciamo, quella di Winnie Pooh: rosa, eccentrica, piccola, ma con tanta voglia di essere riconosciuta.
Pimpi è il mio mondo fatto di cose che mettono allegria. Una parte di me che non lascia la sua parte bambina: Pimpi non smette di stupirsi, ma soprattutto non smette di sognare cercando di non dare nulla per scontato. Vuole e sa ancora meravigliarsi.
Il viaggio è una meraviglia, il viaggio è scoperta e sorpresa, proprio per questo non riuscirei a farne a meno.
4. Parliamo di cibo: lo consideri parte integrante del viaggio e della cultura che stai visitando? Qual è il piatto più buono assaggiato in viaggio?
Il cibo è assolutamente una delle parti fondamentali del viaggio.
Il cibo e tutto ciò che gli ruota intorno rappresenta per me l’essenza del paese.
Il modo di cucinare, di mangiare, di condividere e di apparecchiare ci parla della cultura e delle tradizioni del paese che stiamo visitando. Pensate alle tavole imbandite con merletti e stoviglie “buone” del nostro Sud Italia o ai piccoli tavolini asiatici in bilico con due bacchette e una ciotola. Oppure ancora, alla condivisione del cibo mangiato con le mani in Africa o alla precisione presente nei piatti giapponesi. Non credete che siano elementi in grado di raccontare e descrivere un popolo?
Uno degli aspetti più belli dei miei viaggi è proprio questo: cercare di capire l’essenza della sua cucina e dei suoi rituali.
Mi piace visitare i mercati e gli street food. Mi piace osservare la quotidianità che mi parla delle persone. Difficilmente mangiamo nei ristoranti, preferisco di gran lunga mangiare per la strada. È lì che trovi gli abitanti del posto, ma soprattutto e lì che solitamente mangi bene. Si sperimenta, incontri personaggi con cui scambiarsi anche solo un sorriso, conosci e ti avvicini ad un mondo nuovo. Il cibo è cultura.
Non c’è una cucina che preferisco, credo che ognuna abbia sapori e ingredienti capaci di renderla unica. Posso comunque dire che esiste una cucina che ha saputo stupirmi più di altre: la cucina vietnamita. Una vera delizia per occhi, palato e spirito.
5. Un libro/film/telefilm che ti ha spinto a viaggiare in qualche parte del mondo?
Questa domanda è la mia preferita perché è proprio vero! Spesso, mi sono trovata ad organizzare un viaggio grazie ad ispirazioni date da un libro o da un film, a dir la verità più libri che film.
Ecco qualche esempio:
Tiziano Terzani è al primo posto. Mi ha spinta ad andare Cambogia dopo aver letto il suo libro. Considero Terzani il mio Guru, un uomo straordinario da cui dovremmo prendere esempio. Tutti dovrebbero leggere almeno uno dei suoi libri;
La Birmania mi ha stregata dopo aver visto il film The Iron Lady, film autobiografico su Aung San Suu Kyi;
La visita a Sarasota e alla casa dei famosi circensi Ringling in Florida, l’ho organizzata dopo aver letto Acqua agli elefanti;
L’India, che sto attualmente programmando, prevede una sosta a Bombay proprio perché Shantaram mi ha colpita dritta al cuore.
Credo che viaggiare dettati da un’ispirazione dia al viaggio un valore aggiunto incredibile.
Si deve viaggiare per conoscere, non solo per andare in vacanza. Il viaggio è un profondo percorso anche dentro il nostro Io, se fatto nel dovuto dei modi.
6. Descrivici le prime 3 parole che ti vengono in mente quando pensi a “viaggiare”.
Libertà, organizzazione, improvvisazione, ne aggiungo anche una quarta: viaggiare significa anche saper tornare a casa.
7. Durante i tuoi viaggi, qual è stato l’aneddoto più divertente/imbarazzante/tragi- comico… insomma, quello che suscita sempre risate quando lo racconti?
Uno degli aneddoti più divertenti è successo quando eravamo in Cambogia.
Primo Gennaio 2018: transfer da Siam Rep a Krati.
Siamo stati stipati in 15 persone su un van da 9, con bagagli compresi.
Le condizioni in cui abbiamo fatto queste 7 ore di viaggio sono state disumane: ginocchia sul mento perché sotto i piedi avevamo le valige, niente aria condizionata e vicini come le sardine in scatoletta. L’immagine rende davvero l’idea!
Ora ci rido sopra, ma ripensando a quel momento è stata davvero dura, soprattutto il fatto di realizzare che, nel caso di un’eventuale incidente probabilmente da lì non saremmo proprio riusciti ad uscire.
La cosa bella di cui mi rendo conto è che, quando viaggio riesco quasi sempre a fidarmi e ad affidarmi alle persone del posto. Anche in questo caso ho cercato con tutta me stessa di affidarmi e a credere che tutto sarebbe andato bene! Alla fine di questa tragicomica avventura, il viaggio è finito nel migliore dei modi, ma ragazzi che fatica!!
8. Se non ci fossero limiti di tempo e di soldi, quali sono i prossimi 3 viaggi che faresti?
Nuova Zelanda e Australia in camper, Europa in treno e per finire Iran e Islanda. Sono 4 lo so!!:/
9. Secondo te, cosa può fare un blogger nel suo piccolo per contribuire a rendere il nostro mondo più bello, sostenibile e rispettato?
Credo che il lavoro del blogger sia quello di raccontare un territorio, una destinazione, un’esperienza nel modo più imparziale possibile. La mia missione personale è quella di far conoscere e di aiutare i viaggiatori “zaino in spalla” e indipendenti come noi, a cavarsela da soli. Dare consigli a chi cerca di organizzare tutto in maniera fai da te.
Sono convinta che, il nostro ruolo sia sensibilizzare al viaggio in quanto tale, all’apertura mentale e all’aiuto. Che sia per un viaggio in Toscana che in Antartide.
Viaggiare è rispetto verso gli altri, dell’ambiente e di sé stessi. È chiaro e naturale che ogni blogger decide di dare un proprio taglio al proprio lavoro, lo rispetto e dico anche “meno male”: ognuno deve raccontare la sua esperienza e darne il suo punto di vista.
L’importante è che ci sia sempre una nobile condivisione di intenti con onestà e umiltà. Io credo in questo.
10. Raccontaci del tuo viaggio più bello fatto fino a ora: facci sognare!
Ogni viaggio ha un suo fascino. Quando mi chiedono “qual’è stato il tuo viaggio preferito?” credetemi non so dare una risposta, perché ogni paese è un mondo a sé che non riesco a paragonare. Non ce la faccio proprio!
Certo ci sono i viaggi del cuore, quelli che hai sempre sognato fin da bambina, nel mio caso la California, oppure quelli che proprio il cuore te l’hanno preso, come il mio viaggio in Cambogia.
Ecco, la Cambogia, mi è entrata come un pugno nella pancia, sebbene al primo impatto non ci siamo proprio piaciute. La Cambogia è giovane, la sua popolazione ha un’età media di 20 anni. Questo indica la drammaticità di quello che è successo nella sua storia.
Sterminate circa 3 milioni di persone, 40 anni fa.
Tre milioni di persone, quaranta anni fa per tre anni, otto mesi e venti giorni. Sapete cosa significa? Significa che, spazzi via un terzo della popolazione. Un terzo di famiglie, di anziani, di giovani, di neonati. Significa che spazi via tradizioni e cultura, arte e poesia, istruzione e dignità.
La Cambogia è la sua campagna verde, piana e bellissima da cui svettano qua e là palme snelle e sottili. La sua campagna che nasconde la terribile attuale insidia di una guerra silenziosa, ma non troppo. Le mine antiuomo.
È il cambiamento che sta arrivando repentino, la voglia di andare avanti.
È pietra millenaria che ti lascia senza fiato davanti ad una delle albe più fotografate del mondo. Pietra millenaria schiacciata da radici immense che creano incastri da lasciare senza fiato. La meraviglia che, a volte provo davanti a certe bellezze, mi lascia sempre pazzescamente stupita. Peccato le mille mila persone, ma del resto stiamo parlando di Angkor Wat.
È il succo dolcissimo delle canne di zucchero schiacciate, della polpa colorata della frutta. Lo sfrigolio delle verdure e della carne, l’esposizione bizzarra di ragni, scorpioni, blatte e larve a misura di cena per turisti coraggiosi e non curanti. È Il brulichio dei mercati e la lentezza della vita sul Mekong.
La Cambogia è profonda dignità di una popolazione che ha abbandonato il passato per buttarsi nel nuovo millennio, impreparato e indaffarato. E che il popolo cambogiano è giovane te ne accorgi davvero, lo tocchi con mano, ma qualcosa stride. Stride il fatto che li vedi con i loro smartphone di ultima generazione, con ipad, facebook, capelli con le meches, trucchi troppo forti e gonne troppo corte.
Penso a quale possa essere la migliore istantanea per descrivere questo paese. Io la scatterei così: una strada rossa in mezzo a verdi risaie, due bambini: un maschio e una femmina. Pedalano andando avanti, ma all’improvviso si girano indietro con un sorriso, giusto per il mio scatto.
Il sorriso della speranza che sconfigge la paura.
Ringraziamo Giorgia per aver condiviso con noi le sue emozioni in viaggio! Puoi trovare La valigia di Pimpi anche su Facebook e sugli altri social. E, se il racconto di Giorgia ti ha ispirato… dai un’occhiata ai nostri tour in Cambogia!